Punks-skaters-bboys volume 3 – mix by Sys1R
C’è sto raccontone The rise of the punk rock b-boy che mi ha fatto strippare l’altro giorno. Ho tirato in mezzo due o tre persone e dopo Natas da Venezia, mi ha mandato un raccontone italiano anche Vanni da Bari e poi Vandalo, che quelle scene le ha calcate dall’inizio qui a Milano. Questa volta leggete il ricordo di Sys, che all’epoca è stato sia writer sia musicista di una band hardcore di cui veramente non so molto. Gustatevi il tributo a questo periodo folle di fine anni ’80, tra piazze, case occupate e hall of fame. Il mixtape è in fondo al pezzo. Grazie.
La connessione.
La connessione non so descriverla.
Era tutto molto fluido nella seconda metà degli ’80.
E’ un po’ come cercare di ricomporre i pezzi originali di una macedonia dopo averla frullata.
Ci provo lo stesso.
Ero un ragazzino dedito al metal nella prima metà degli ’80.
Quindi passato immediatamente al thrash metal, la novità.
Il sacro triplete: Anthrax, Metallica, Slayer.
Che il punk, era già roba vecchia, roba simpatica da passare alle feste per fare casino.
Poi a causa di una cassetta passatami da un amico a scuola, scoprii l’hardcore punk.
Con il primo disco dei Sucidal Tendencies.
Avevo 15 anni.
Illuminazione.
Un mondo che si apre. Che cazzo è ‘sta roba? Sbam!
E poi: Virus Diffusioni, cassette di band sconosciute a 2500 lire e dischi a 7000 lire.
Band sconosciute, italiane ed estere.
Suono disumano. Politica. Strada. Le case occupate e dipinte.
E poi Zabriskie Point, il Negozio con la “N” maiuscola.
E il buon Stiv Valli con “TVOR on Radio” su Radio Popolare.
I classici. Dead Kenedys, Black Flag, Descendents, Adolescents, Bad Brains.
i Negazione, i Crash Box, i Kina.
Le grafiche dei dischi: pazzesche. Le locandine degli show, pazzesche. Le fanzine, pazzesche.
Questa è una cosa che voglio fare.
Punto di connessione 1:
Twisted Sister, Come Out and Play. 1985. Grande disco.
Che ok il Punk HC, ma il metal resta sempre nel cuore, soprattutto se trovi il disco in offerta.
Il retrocopertina mi uccide. Ci sono loro con dietro un pezzo di Vulcan e della Subterranean Crew.
Non so cos’è, quella roba, ma fa un casino i Guerrieri della Notte.
Questa è una cosa che voglio fare.
Punto di connessione 2:
Il Muretto.
Skaters e B-boyz. Breakdance e wallride.
Un amico aveva uno skateboard. Vero.
Non quelle puttanate di plastica che vendevano qui.
Della Vision. Comprato in Francia. (ciao Antonio, grazie di tutto)
Ne comprai subito uno anch’io. Una merda, supercommerciale. Si spaccò in due subito.
Mi ricordo di questi skater al Muretto, quindi vado lì e chiedo informazioni sul mezzo.
Assemblo uno skateboard serio, imparo ad ollare al Muretto, seguendo gli altri.
Ore e ore spese su quel cazzo di pavimento di granito lucidissimo.
Elektro che ballava su un suono assurdo pompato da una cazzo di radiocassette gigante.
A pisciare, vado nella rampa del parcheggio sotterraneo.
Vedo i pezzi. Chi è di Milano ed è abbastanza vecchio come me, sa di cosa parlo.
Paura e delirio in San Babila.
Ci sono tornato più volte. In fissa. Studiando i dettagli.
Adoravo quella roba sul muro.
Ed era simile a quella sul disco dei Twisted.
Questa è una cosa che voglio fare.
Punto di connessione 3:
Era la metà inoltrata degli ’80, mio fratello (Flash One) e altri amici avevano iniziato anche loro ad andare in skate e ad ascoltare Punk HC.
Si usciva sempre a skateare con dietro una radio portatile.
I nastri proponevano un mix di Punk HC e Thrash metal.
Rotture di palle infinite con la gente e con gli sbirri.
Lo scazzo adoescenziale.
Vado in un colorificio.
Esco con delle Talken del cazzo.
Avevo disegnato una roba su carta, volevo riportarla sul muro.
Una notte vado verso l’acquedotto di Cernusco, mi metto, e disegno.
Una cagata. Il muro aveva assorbito tutto il colore.
Ma avevo deciso. Quella roba la dovevo migliorare.
Non mi ricordo chi mi parlò per primo delle Dupli Color.
Però le comprai, e dopo una festa piazzai il mio secondo pezzo su un muro di cinta.
“I’m the Law”, in onore al pezzo degli Anthrax.
Meglio, molto meglio.
Da lì, iniziai a dipingere costantemente e con me quasi tutti gli altri.
Poi incontro altri writer, a scuola, ai cortei, durante le occupazioni, in giro.
Dopo poco ci si conosceva quasi tutti su Milano e Hinterland.
Ci si scambiavano fotocopie dei libri e delle fanzine straniere, assomigliava molto alla scena Punk HC come metodo di comunicazione.
Pure la musica iniziava ad ibridarsi.
Pezzi rap facevano capolino nei dischi Punk HC come con gli Spermbirds e in quelli di band Thrash Metal come gli Anthrax.
Poi la Def Jam, i Run DMC, poi i Beastie Boys e gli Slayer, poi i Public Enemy. Devastanti.
I loro pezzi iniziano ad entrare nei mixtape che ci ascoltavamo in giro.
Poi esce Colors, il film, con quel pezzo di ICE-T come opening. Pazzesco.
Il resto, direi che è ormai è storia condivisa. I Centri Sociali, le collaborazioni Public Enemy e Anthrax. E La OST di Judgment Night a chiudere il cerchio.
Questo è quello che mi ricordo in breve.
Un grande frullatore, dove tutto si sommava e si mischiava.
Niente veniva buttato.
E tanta energia nell’aria, nononstante il conformismo imperante.
Butto giù un mixtape simile ad uno di quelli che usavamo ai tempi come sottofondo alle nostre giornate/nottate in skate. Cercherò di farlo esattamente come allora. Regnerà un po’ di caos.
E’ giusto così.
punks-skaters-bboys – volume 2, compiled by Vandalo S13
C’è sto raccontone The rise of the punk rock b-boy che mi ha fatto strippare l’altro giorno. Ho tirato in mezzo due o tre persone e dopo Natas da Venezia, mi ha mandato un raccontone italiano anche Vanni da Bari e ora Vandalo, che quelle scene le ha calcate dall’inizio qui a Milano. Vandalo oggi lo seguite anche da Facebook, dove posta un sacco di writing. Il suo raccontone ha una prima parte sulla storia degli incontri tra writer, punk e skater. Poi una seconda parte con un mixtape per ascoltarsi tutta sta roba di cui parla. Grazie.
E boh, io sulle cose importanti ci sono sempre arrivato in ritardo.
Era il 1980 quando ho scoperto il punk. Quello dei Sex Pistols, dei Ramones, dei Clash, dei Damned.
Una botta da cui non mi sono ripreso mai, anche se i prime mover milanesi, quelli che ascoltavano quella roba nel 1977, dicevano che già nel 79 il punk era morto.
Beh, chi se ne frega.
Quando hai quattordici anni non te ne frega un cazzo di quello che dice un vecchio di vent’anni.
Passo 2-3 anni ad ascoltarmi solo quella roba.
Per me New York era Ramones, Richard Hell, Johnny Thunders, quelle cose li.
Se ero in vena di cose più cupe, Suicide, Lou Reed, Television.
Se ero in vena pop, Blondie.
Nel 1983 sento questo disco che si chiama Duck Rock, di quello stronzo di Malcom McLaren. C’è una musica con rumori strani fatti coi dischi e ritmi da discoteca.
Malcom McLaren lo odiavo perché lo odiava Johnny Rotten, perché era quello che voleva manovrare i Sex Pistols.
Dopo la fine della band si era trasferito a NYC e aveva scoperto questa musica che girava nei party del Bronx.
Uscì pure il video in televisione, dove vidi per la prima volta, in “Buffalo Gals”, quello che poi scoprii essere Dondi mentre pezzava su un muro.
Odiavo McLaren, odiai pure quella roba. Catalogata subito alla voce “roba da discoteca”.
Per di più avevo scoperto, insieme a Bicio (mio fratello d’avventure dell’epoca) la scena anarcopunk e la prima scena hardcore milanese, quella che girava attorno al Virus, di
Via Correggio, peraltro diventando ancora più integralista negli ascolti.
L’anno successivo, nel 1984, scrivevamo in giro il nome della nostra punk band, i B.S.C., che volevamo fare punk anche noi.
Anzi, HARDCORE. Volevamo fare hardcore, perché “If is not hardcore it’s a fuckin’ bore!”, come diceva la scritta su una delle nostre punkzine preferite, TVOR.
Ero al liceo artistico. Siccome la passione per l’imbrattamento ce l’avevo fin da piccolo, finii per esagerare. Alcune secchiate di vernice mi costarono la sospensione dal liceo per qualche giorno.
Qualche mese dopo Graffio, Fabio e Gatto, tre ragazzi un paio d’anni più giovani di me, s’infilarono di notte nella recinzione del Liceo e fecero 3 pezzi sul muro, visibili solo dall’interno.
Mi chiamarono in presidenza. Per fortuna non c’entravo.
Ma al preside non dissi chi erano gli autori.
Graffio era un dark della scuola, ma frequentava sto gruppo di ragazzi che si trovavano in Largo Corsia dei Servi, in un posto che chiamavano “il Muretto”.
C’era la gente che ballava sulla testa, come nel video di McLaren. Boh.
Fabio e Gatto smisero di fare pezzi, penso, dopo quell’episodio lì.
Graffio continuò. Lo ritrovai 5 anni dopo e m’insegno i primi rudimenti di tecnica nell’uso delle bombole.
Intanto vedo i miei primi concerti hardcore. Dalle bands italiane storiche, Wretched, Negazione, Indigesti, Peggio Punx, Raw Power, Kobra.
Siccome tenevo nota di tutti i concerti a cui andavo, posso confermare di aver visto i Wretched 27 volte, seguiti dai Negazione con 21. Tutto annotato sui diari di scuola.
Intanto, con l’85 inizio l’università, ma tra quell’anno e quello precedente vedo le prime bands americane: MDC, Youth Brigade, D.O.A. (che erano canadesi, ma facciamo come se).
Nel 1985 vedo un’altra delle cose che mi segneranno: durante un concerto al Virus in Viale Piave vedo due ragazzi con skateboards mai visti prima.
Conoscevo già lo skate, ma quello con le tavole più piccole che si usavano negli anni 70. Avevo una piccola tavola di plastica Gioca Royal che usavo alle medie.
Questa però era una roba diversa: tavole più grosse, grafiche indiscutibilmente punk, nomi dei gruppi scritti sopra e sotto.
E attitudine: questi due tipi, nella notte post concerto, saranno state le 2 o le 3 di notte, si esercitavano a fare wallride sulle serrande dei negozi facendo un rumore
terrificante: erano Fabricius dei Crash Box e Max Bonassi, un pezzo di storia dello skate (e snowboad) italiano.
Qualche settimana dopo, con Bicio, scoprimmo dove vendevano quelle tavole. Lui comprò una Vision, io una Gordon&Smith Danny Webster, che ho ancora in cantina e ogni tanto ci
salgo pure sopra.
L’86 continua così: fine settimana ai concerti negli squat (al Virus si aggiunge il Leoncavallo) e in qualche locale come l’Odissea2001, di giorno, finiti i corsi, a provare con
il gruppo nella cantina di Bicio.
Poi ti credo che ci ho messo anni a laurearmi.
Facevamo anche una punkzine che si chiamava “I DON’T CARE!”, che parlava di quel cazzo che ci pareva.
Sempre in quegli anni inizio a collaborare con TVOR ON RADIO, programma radio di punk e hardcore su Radio Popolare, iniziato da Stiv e Maniglia, continuato con Antonio e Vix e
concluso da Antonio e me.
Con il 1987 inizio a collaborare con Paolone, che all’epoca gestiva la Virus Diffusioni, un piccolo spazio occupato dove si vendevano dischi, magliette, cassette, punkzine e
autoproduzioni varie.
Insieme a Stiv Rottame cominciamo a organizzare un po’ di concerti. Tra 1987 e 1988 facciamo, in ordine casuale: Accused, No Means No, Upset Noise, Scream, Negazione, Toxic Reasons, Zero Boys, DOA, Kina, IfixTcenTcen, Ludichrist, Jester Beast, RKL, No Fx, Fugazi e molti altri.
Intanto la Virus Diffusioni, insieme al Tattoo Contingent Club occupa un altro negozio in Via Torricelli, dove rimasi per qualche tempo e vidi per la prima volta fare dei tatuaggi da Daniele, che tuttora lavora lì in quello che ora si chiama The Tattoo Shop.
Dopo un po’ me ne andai, per raggiungere Teatro e altri amici, che volevano aprire una distro com’era il Virus Diffusioni di qualche anno prima, ma aggiornato ai tempi moderni dell’88-89.
Aprimmo così la WHIP ANARCOTRAFFICANTES, vendendo dischi e tutto il resto, sopratutto hardcore, che era la nostra cosa, ma anche le prime uscite di quella musica là, che nell’83 non mi convinceva mica tanto… ma questi Public Enemy, Run Dmc, LL Cool J, non erano mica male… poi c’erano anche una vecchia conoscenza del circuito hardcore, i Beastie Boys, che facevano rap. Se lo facevano anche loro, allora, non doveva essere così male. Oltretutto cominciavano a farlo anche amici nostri, come LHP eHELS, 2 Live Cri. In seguito scoprii Paris, Geto Boys, NWA, Ice T, ICe Cube… e tutto il resto.
Fu durante il periodo della WHIP che io, Teatro e Jet4 cominciammo a fare pezzi insieme, per fondare in seguito la S13 crew con gli altri soci.
In quel 1989 e nel 1990, mi avvicinai anche alla scena HipHop milanese dell’epoca, conoscendo sopratutto i writers che bombardavano in quegli anni.
Ma per loro noi eravamo quelli dei centri sociali, e per noi loro erano dei discotecari. Salvo qualcuno con la mente più aperta, non fu semplice ne liscio l’incontro.
Ma una mecca l’avevamo in comune, una città che aveva formato se non inventato qualcosa che toccava tutti, anche se per motivi diversi: New York City.
Se devo raccontartela con il punk e l’hardcore, questa è la mia playlist tra gli anni 70 e 80.
Poi ne arriveranno altre.
New York non è la mecca solamente per l’HipHop: è stata una delle città principali per la scena punk (e proto punk) oltre che per la scena hardcore.
Nel mix che trovate ho infilato quello che per me è il punk e l’HC newyorkese fondamentale.
Gli anni del primo punk sono più o meno contemporanei a quelli in cui nasceva e si sviluppava la prima scena HipHop, quella di Kool Herc e di Africa Bambataa.
Se nel Bronx i primi DJs facevano le prime battles, nel Lower East Side di Manhattan si formava la prima scena punk di New York: New York Dolls prima di tutti, poi Lou Reed
Richard hell, Johnny Thunders, Iggy Pop, Ramones, Dictators e molti altri, che suonavano tra le pareti del CBGB’s e del Max’s Kansas City: Blondie, Talking Heads, Suicide,
Television, Stimulators.
In una manciata di anni, tra 73 e 75 e tra 75 e 80, escono gioielli storici del punk mondiale.
Verso la fine dei 70’s quella scena si trasforma: chi ne faceva parte e non è morto di eroina comincia a spostarsi verso new wave, no wave e sonorità diverse.
I contatti con la scena HipHop cominciano a esserci, sono culture di strada, e le strade sono le stesse.
Capita così di vedere in un video di Blondie il wall writing di Fab 5 Freddie e di Samo (Jan Michael Basquait).
Con i primi anni 80 gruppi di ragazzini, alcuni che vivono per strada, alcuni che arrivano da altri quartieri (Brooklyn e Queens sopratutto) cominciano a prendere in mano gli strumenti, sull’onda di gruppi seminali del punk hardcore americano come Bad Brains, Necros, Germs e altri.
Cro-Mags, Agnostic Front, Undead, Beastie Boys e Murphy’s Law mettono le basi di quello che sarà conosciuto come New York Hard Core.
Seguiti poi da altre bands come Youth Of Today e tutto il seguito straight edge HC, oltre a Madball, Sick Of It All, Biohazard e tutte le bands tra hardcore e metalcore di fine anni 80.
Citazione anche per i False Prohets, per la parte più “political” della scena, quella legata agli squats del Lower East Side, come l’ABC No Rio.
La scena NYHC è anche quella che ha più contatti con quella NY HipHop: a cominciare dai Beastie Boys, che dall’hardcore minimale degli inizi passano al rap e diventano star mondiali.
Naturalmente, anche per quanto riguarda il writing, i contatti sono diversi. Il batterista dei Cro-Mags, Mackie, è parte della RTW crew e, con il nome Hyper, firma diversi pannelli sulla subway negli anni 80.
Citazione d’obbligo per Sane (RIP), fratello di Smith, storico writer di NY, che nei suoi pezzi metteva sempre la scritta NYHC.
Mentre sono diversi, sopratutto verso la fine degli anni 80 e i primi anni 90, i writers che suonano in gruppi HC, riempiono i flyers dei concerti di puppets e scrivono il loro nome di fianco a quello della loro band (una panoramica di questa scena la potete leggere nel libro Urban Styles).
La playlist è a mio gusto, manca molta roba, ma sticazzi.
Inizia con i New York Dolls che sferragliavano quando l’Hip Hop non esisteva ancora e si conclude con i Sick Of It All, a fine anni 80, introdotti da KrsOne.
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