Home > Milano > I movimenti hanno sempre vinto nella memoria.

I movimenti hanno sempre vinto nella memoria.

Schermata 2020-05-13 alle 18.58.00

Type CKC ha aperto dei cassetti vecchi e mi ha mandato una scan del giornale di un’epoca tipo primi anni ’90. Nell’archivio fotografico lì al Corriere della Sera avevano ancora come riferimento i murales del ’77. Gli archivi erano così, enormi scaffali dove c’era tutto quello che poteva servire al giornale, non si ordinavano man mano le foto su Internet. E il writing in quel momento non era ancora materiale da banca dati, troppo nuovo: andava tanto parlarne sui giornali ma con le immagini erano proprio rimasti indietro 15 anni all’epoca dei murales.

Beh la cosa figa è che stavo cercando come un matto questa foto, via Negroli. In quella zona ricordo un paio di muri con questi murales, credo fossero qualcosa tipo Indiani Metropolitani: l’ala di provocazione seria ma cazzona e creativa del movimento del ’77. Boh dipingevano indiani americani, credo sia così. Foto ormai introvabili perché quelle pareti non ci sono più. L’ispirazione era ribelle, di comunità, proletaria, hippy, fricchettona. Lì in zona Ortica erano abbastanza inquadrati, non vibra delirio e degenero. Ho dato un’occhiata in giro e ne ho scovate un paio sul sito Skyscrapercity (Archivio ACAdeMI, non trovo riferimenti quindi sorry non certissimo e non autorizzato), poi c’è il fotografo Livio Senigallesi che ne ha un archivio online qui e ce ne ha inviate con grande gentilezza tre sue che posto più avanti. Per me sono l’origine del writing moderno, o qualcosa del genere. Se sapete chi ha le foto, mi piacerebbe ricevere segnalazioni o file. Anche a NY c’era tutta un’ala in quel periodo che si ispirava al muralismo, con i grandi whole car pop della cultura tradizionale latina, dei sudamericani: musicalmente sono le atmosfere che avevo cercato di riprodurre in questi mixtape. Un po’ sta roba qua. Forse anche in qualche modo simile a quello che portava di nuovo la street art a fine anni ’90 quando era esplosa.

7Wb3qvs

7wJDVw5

In realtà come sempre io posto per un mio trip personale, però non è malaccio se qualche writer giovane si segue ste cose e magari crea un ponte con cose successe ormai quasi 50 anni prima. La parte creativa di quel movimento era bella forte, per dire ne sono uscite riviste e maestri del fumetto assurdi, es. Cannibale, il Male, Zut. Qui se volete un pezzone sul fumetto italiano del ’77. Leoncavallo, Conchetta (qui l’evento con Phase nel ’92 e qui Sean con Elektro in console nel ’99) e Transiti erano stati occupati in quei due anni, io in qualche modo ci avevo passato tutti i miei vent’anni nel periodo dei primi anni ’90. Poi loro son stati storicizzati come una generazione di terroristi e tossici, difficile ora per chi è giovane capirci bene, specialmente dopo il ventennale in cui il senso della storia è stato definitivamente riscritto e distorto.  Leggete per dire questo articolo:

Un movimento denso di gioia, empatia dei corpi, intelligenze in sinergia, dove si respiravano libertà, eguaglianza, fantasia. Un movimento tutt’altro che violento, certo occupando l’università dove al massimo echeggiavano i cori di scemo scemo all’indirizzo dei giovin burocrati della SUC, la sezione universitaria del PCI, scesi in campo a difendere il compromesso storico e la politica dei sacrifici.

Finchè non arrivò la repressione brutale dello stato sub specie di una colonna di carabinieri che aprì il fuoco contro un piccolo gruppo di manifestanti praticamente a freddo, uccidendo Francesco. Il primo morto in manifestazioni di piazza che si ebbe a Bologna, ovvero un evento eccezionale. Un atto congruente con la strategia della tensione ben nota messa in campo dalle forze più reazionarie del nostro paese.

In quel momento sono esplose le fanzine, quelle che per dire avevamo iniziato a fare anche noi nel 90-91. Mi ricordo che Gomma mi aveva spiegato la cosa del FIP, la sigla Fotocopiato in proprio che ti evitava il problema della denuncia per stampa clandestina. Lui e tanti amici di quel periodo arrivavano appena dopo questo mondo del ’77, il filo c’era ed era stato molto utile. Primo Moroni, citatissimo e amatissimo in tutte le storie di quel periodo, mi aveva lasciato mettere la casella postale di Trap lì alla sua libreria. Vedete il passaggio qui di seguito da un archivio universitario, che cita Marcello Baraghini: lui era il paravento per le fanze del ’77 ed era stato poi editore con Stampa Alternativa del libro bilingue di Phase2, che avevo un po’ spinto e tradotto io (prodotto da Adolfo Rossomando e impaginato da Sid di AL). Phase mi dava tutto scritto a computer ma stampato, non su disco, dovevo ribatterlo tutto. Poi quando avevo ribattuto glielo mostravo e diceva no, tutto da rifare, aspetta che ho un’idea.

In 1977, writing became a collective act and an action against the monopoly of the media; it ratified the end of the History and the beginning of the histories.

The Movement counts more than 60 underground magazines, usually short-term papers, frequently published only once, self-made by non-professional journalists. Many of them listed Marcello Baraghini as editor-in-chief, since the underground publisher bravely authorized anyone to use his name in that way in order to comply with Italian regulations dealing with publication.

Ora mi è scappata un po’ la mano e ho fatto due ricerche, se vi va di calarvi in quegli anni e rovistare, vi lascio qualche link.

Il movimento del ’77 è un argomento un po’ complesso per le mie capacità di blogger, ci tenevo in ogni caso a postarvi la foto degli Indiani Metropolitani di via Negroli, dove abitava la mia cara zia. E ringraziare i pittori di quegli anni che poi hanno ispirato le persone che mi hanno ispirato, ad esempio LHP. Son storie che poi si perdono, per dire in quel periodo si fumava il Libano, che c’era rosso o giallo. Perché non se ne parla oggi caz, poi le storie si perdono, non va bene, ci vuole memoria storica nel gremo, serietà.

Se poi voleste continuare, Livio ci manda anche una foto di via Mancinelli, dietro al vecchio Leoncavallo. Fino allo sgombero e qualche anno dopo, lì c’era un centro di storie di writer abbastanza consistente, le trovate qui raccontate da Vandalo per esempio partendo da qui (poi a onor del vero racconta spesso anche di quanto gli scassavano i maroni con l’hip hop i vecchi compagni, anche la gente del Muretto è capitato che finisse male all’epoca che noi stavamo in P.le Loreto). Ci sono tante concordanze e assonanze tra storie di generazioni e luoghi diversi: magari in futuro ve ne raccontiamo in breve ancora qualcuna.

senigalliesi_murales_MI_Mancinelli-02

Avevo scritto questo post nel 2020 e negli anni successivi vedevo arrivare un sacco di lettori da Google. Dato che avevo staccato dal ciclo delle news a causa di burnout, ci ho messo un po’ a capire che era nata la diatriba del restauro/cancellazione dei murales di Largo Murani, citati all’inizio di questo mio pezzo e gemelli di questi di via Negroli. Le foto di Largo Murani le ho ritrovate per puro caso nel libro Milano Sound System, in una pagina firmata da Sergio Seghetti. Ve le riporto qui perché sul web la storia di questi murales ormai si è spiegata bene e oggi sono perfino tutelati dal FAI che ha una scheda con questa dida:

Si tratta di uno dei primi esempi di arte urbana realizzati a Milano. Pionieristico esempio di street art e ultimi sopravvissuti di un’azione creativa che ha avuto tra i suoi promotori Paolo Rosa (1949-2013, tra i fondatori nel 1982 di Studio Azzurro) e l’artista Antonio Miano. Rosa e Miano, allora insegnanti in Hajech, avevano coinvolto gli studenti delle loro classi nella realizzazione dei murales. Centro propulsore dell’iniziativa, la Fabbrica di Comunicazione di San Carpoforo, sede del Laboratorio di Comunicazione Militante, che ebbe Paolo Rosa tra i suoi protagonisti.

La rivista di quartiere z3xmi ha informazioni più precise: realizzati tra il 1977 e il 1979 dal Gruppo Aerostatico, un collettivo di giovani creativi assidui frequentatori della piazza (Valter Oluzzi, Leonardo Marras, Fumetto, Miki e Mario Mazzanti, Raffaella e Fabio Ghilardi, Michele Di Virgilio, Luca Cambogiani, Giorgio Roncaglia.

Il progetto TWBIBLIO ha qualche dettaglio di prima mano molto bello:

Sono passati 45 anni, era l’inverno del ’77, quando una trentina di ragazzi per nulla politicizzati  – erano gli anni di piombo –  si riunivano in largo Murani e decisero di realizzare un festival con musica, mostre e performance per due giorni, polizia permettendo. (L’anno prima c’era stato l’ultimo festival di Re Nudo, al parco Lambro).
In mezzo alla piazza costruiscono un areostato per appendervi le foto dei viaggi per il mondo che tanti di loro facevano con autostop o inter-rail e cominciano a disegnare un progetto di murales: quello che nei due anni successivi sarebbe poi diventato il Murales di Largo Murani del Gruppo Areostato.
La festa finì due giorni dopo con la polizia a multare di 250mila lire l’unico maggiorenne, di  4, trovati a dormire sulle panchine.

Tra l’altro questa parte di Largo Murani è anche un pezzo del graphic design di quell’epoca per via del simbolo del Sole che ride, nato nel 1975 e arrivato dalla Germania in Largo Murani con uno dei ragazzi del collettivo. Poi era diventato il simbolo dei Verdi verso metà anni ’80 quando si era formato il partito e poi la questione era diventata caldissima perché era esplosa la centrale nucleare in Ucraina nel 1986. La storia sta sul sito ufficiale Smiling Sun mentre qui sta la storia degli ecologisti italiani.

A voi le gloriose foto dei murales di Largo Murani. Forza Indiani!!! Torneremo a fumare la pipa in zona Ortica ricordando le vostre gesta e il grande sapere che ci avete tramandato!!! Anche noi avevamo una hall of fame in zona sotto alla ferrovia ed era fantastico in primavera passarci i pomeriggi!!!

Categorie:Milano
  1. Al momento, non c'è nessun commento.
  1. No trackbacks yet.

Lascia un commento