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La storia dei primi siti di writing italiani by Nitro, king of nerds…

Questa storia la volevo fare da anni, dal 1997 per la precisione. In quel momento ero arrivato online grazie ai miei fratelli e navigavo a destra e a manca con Alta Vista, che era il motore di ricerca che andava in quel periodo. Poi c’era Yahoo, una mega directory di siti catalogati tipo biblioteca e, a un certo punto, mi avevano parlato di questo motore fighissimo appena uscito, che era Google. Quindi vado con Alta Vista e trovo il sito di Nitro, porcaccia la miseriaccia con il mio mega sito di aerosol art ero arrivato secondo, anzi terzo. In quel momento Internet non veniva usato per essere la marchetta di se stessi sui social media: era più una roba cyberspaziale dove viaggiavi di bestia pensando a un futuro fatto di giffine minuscole, pace, amore, libertà e nerderia pesante. Quindi eccomi con la mega storia di Nitro e della sua web agency Workin Class, raccontata anche da tre ospiti d’eccezione. A voi per imperitura memoria, iniziamo con il raccontone di Nitro, big respect!

A memoria, il primo sito italiano di wiriting è stato Stradanove dell’Ufficio Giovani del Comune di Modena: aveva foto locali e un po’ dei nomi top italiani. Io ho iniziato con Geocities, la piattaforma di pagine personali più grande: avevi un builder con cui caricavi foto e testi, non potevi gestire il codice HTML. Il sito era Eternal Funk. Il nome a dominio era bellissimo: in quel momento, comperare un nome costava un casino quindi usavamo cjb.net, che ti dava un subdomain gratis. Tenevi l’hosting gratis su Geocities, poi nascondevi il domain principale con un frame di cjb.net e ci mettevi un nome più figo. Willy aveva fatto un jingle che c’è ancora su Youtube. Pubblicavamo i rap degli amici: Willy, La tavola rotonda, poi è arrivato Fritz. Vanni di Bari aveva scritto qualche recensione, all’epoca stava a Pavia: il nome mi sembra arrivasse da un suo mixtape. Volevamo promuovere le nostre cose: avevamo un muro a Corsico, uno in Giambellino dove abitava Nasty, Cone e io eravamo di Baggio. Roba di Corsico e Cesano. Tanti treni, sul Eternal Funk c’erano tutte le prime Nord, i primi marron glacé dipinti.

Uno dei siti importanti di quel periodo era HotMC, che è ancora online dal 1996: avevo conosciuto Simone Lippolis e ci eravamo scambiati i link. All’epoca dovevi chiedere per inserire un link, non si usava fare liberamente. Poi ci aveva segnalato anche Susan Farrell di Art Crimes: loro erano online dal 1994, erano i Godfather, il sito era fatto benissimo. L’ambiente online era molto ristretto in Italia: quando avevamo il picco di utenti mensile era tipo 30-40 persone. Quando ti scriveva qualcuno ti veniva da piangere: gente da posti remoti, non ti mandavano neanche le foto, erano solo saluti telegrafici e finiva lì.

Poi dopo ho imparato ASP, il linguaggio di programmazione dinamico di Microsoft che usava il database Access. Con Luca Seil2 facciamo anche noi un sito, Underground Revolution: era undergroundrevolution.cjb.net e poi urev.net perché avevamo un po’ più di budget. Era il 1998-2000. Il sito aveva già le categorie per ogni writer, era più moderno. In quel momento c’erano già più siti personali, ma che facessero vedere la scena per intero ancora pochi.

Poi da questa esperienza, mi sono aperto la web agency, nel 1999, Working Class. I primi clienti erano stati Esa e gli OTR con otr.it, il loro primo sito ufficiale in Macromedia Flash e poi anche videoclip. Poi Kaos, Neffa, Lugi, Guidance Crew a Milano. Con questi artisti avevamo avuto una bella visibilità e grazie a loro abbiamo conosciuto Alioscia, che ci aveva fatto fare il Ballantines Music Fusion. Poi Marco Conforti ci aveva fatto fare Platinette e siamo entrati in tutto quel giro di artisti.

Working Class è stata una palestra per tanti writer a Milano, che entravano con noi nel digitale. Un giovanissimo Giorgio Di Salvo, un giovanissimo Luca Barcellona, Marco Klefisch: sono stati tra i primi a entrare in agenzia come stagisti e poi dipendenti, che naturalmente pagavamo pochissimo perché non eravamo ancora grossi. Anche Simone di hotmc era venuto da noi per un periodo. Giorgio era un bravissimo grafico, stava ancora studiando grafica ma avevamo visto immediatamente le sue qualità. Lo facevamo lavorare con un computerino piccolissimo. Poi i clienti sono diventati grandi, abbiamo portato anche lì il nostro genere ispirato al writing. Omnitel Vodafone, Coca Cola, Nokia, Rizzoli New Media per cui facevamo i CD-ROM. Slam Jam. Poi siamo stati acquisiti dal gruppo Interactive e noi fondatori abbiamo mollato. Con Andrea Rasoli e Riccardo Trotta, nel 2006, abbiamo fatto i primi tre numeri di Vice, che poi loro hanno portato avanti per anni.

Per ultimo c’è stato Pimp My Train, che era il progetto di marketing dello shop Graffbay. Assieme a un amico programmatore molto bravo, Nazilla, avevamo programmato un piccolo motore dove tu disegnavi online sulle carrozze e poi le vedevi passare in un header del sito. Quindi ogni volta che accedevi al sito, vedevi passare i treni. Era fighissimo. Era fatto in Flash, super rivoluzionario come sistema. Poi il sito funzionava come un forum, la gente postava le foto. Il sito era gestito da Maox e i miei amici di Autistici, quindi diciamo che il server era super sicuro. Iniziava a esserci online la Postale, per cui era comodo, ci proteggeva parecchio sull’aspetto degli upload di foto. Poi c’era il blog. Valentina Porcozio, alter ego di Alessandro Mininno, grandissima autrice, da pisciarsi dalle risate. Tutti hanno bei ricordi di quel sito perché comunque faceva sorridere, in una Milano dove c’era un po’ un ambiente di super scazzi. Facevamo 1000-2000 visitatori al giorno, era una roba grossa nel suo genere.

Ale Fatbombers ci ha dato una testimonianza a suo modo fondamentale per inquadrare correttamente l’intersezione tra shitposting e hip hop italiano. Di questo gli daremo sempre credito, in quanto estimatori del “frottolaio popolato da mitomani”.

Per un po’ di anni ho avuto un sito che si chiamava fatbombers, che in realtà mi ha portato un po’ di fortuna ed è stato attivo negli anni 2003-2010 circa, fino a quando la mia attenzione verso il writing non si è affievolita. Raramente lo racconto, ma un giorno ho litigato con un cliente perché ha aperto fatbombers (sapendo che era il mio blog) e la prima immagine in homepage era una ragazza nuda che si ficcava un marker nel culo – al cliente non è piaciuto.

Quando ho conosciuto Nitro è stata una ventata di aria fresca: pimp my train era il primo luogo online dove non ci si prendeva sul serio e si poteva scherzare.

Immagina di trovare un blog in cui l’utente più attivo si chiama pennecolbooster e prende per il culo tutti. Ho voluto subito farne parte e per un bel po’ di tempo, in modo saltuario, ho pubblicato qualunque minchiata che avesse lontanamente a che fare col writing, con la cultura nerd o con un’intersezione delle due.

Alla fine ho scelto di postare con lo pseudonimo valentina porcozio (credo che all’inizio ci fosse proprio la bestemmia ma poi l’avevo cambiato), per non tirarmi dietro gli stessi hater che avevo su fatbombers. ne volevo di nuovi.

Ogni tanto pubblicavo qualche pannello nella gallery, che era sempre molto attiva e piena di cose nuove. leggevo sempre le cose che postavano gli altri utenti. Non conoscevo nessuno degli altri, credo (avevano tutti degli username buffi), ma avevo la percezione che fossero tutti simpatici. Ho riso un sacco.

Penso che nella storia del writing italiano su internet pimp my train abbia rappresentato una svolta nell’approccio al fenomeno: è arrivato in un momento in cui il writing aveva una storia abbastanza lunga da smettere di prendersi sul serio e iniziare a ridere. È stato l’inizio dell’era dei meme di graffiti.

Luca Bean ci ha mandato anche lui un ricordone, dal suo punto di vista peculiare di artista che ama la manualità e aborre l’alta velocità del digitale. Da qui emerge una lunga meditazione che farò stasera sul senso del tempo: ipervelocità come eterno futuro presente, in contrasto con uno dei suoi rari dischi da collezione così vecchi da essere ormai fuori dal tempo. Ne sarò capace? Forse con l’aiuto di un grande spinello di afgano del coffeshop di Amsterdam. Grazie.

Io e la tecnologia non siamo mai stati particolarmente amici, piuttosto due binari molto vicini che si osservano senza mai toccarsi. Ero uno da inchiostro e mani sporche, ho avuto quindi quella reticenza ad abbracciare il mondo del digitale a cui decisi di cedere leggermente più tardi di altri; ricordo benissimo uno scambio di saluti con Nitro, fuori dall’Indian Café un pomeriggio di fine anni ‘90, che mi chiese una mail per potermi scrivere, e la alla mia risposta “non ce l’ho!” la sua reazione fu “…ANCORA?!?”. Qualche anno dopo venni chiamato per uno stage da Working Class: non ero ancora freelance e non avevo ancora completamente cominciato la mia avventura nella calligrafia professionale, quindi passavo i pomeriggi in studio dopo il mio lavoro ufficiale part time. L’atmosfera era di quelle incredibili a pensarci oggi: come sempre accade in queste circostanze non ti rendi conto di quanto siano speciali, e di li a poco irripetibili, mentre le vivi.


Io mi occupavo più che altro di lettering, facevo progetti per copertine di dischi e pubblicità partendo dal disegno manuale e poi spippolando ore su Free Hand (prima) e su Illustrator (poi). Nitro e Riccardo (Trotta) avevano già competenze notevoli di web e computer grafica, tanto che in una delle pubblicità di Working Class si erano ritratti con Rasoli come dei geek con tanto di occhiali con montatura nera spessa, in mezzo a dei Macintosh di prima generazione. Simone Lippolis aveva gia il sito Hotmc.com, e mi fece un’intervista su Lingua Ferita, un disco del 2005 che avevo autoprodotto che a sua volta fu corredato da un sito fatto a quattro mani da Marco Klefisch e Giorgio Di Salvo (che lavorava in una scrivania di fianco a me). Credo fosse il primo sito dedicato ad un disco interamente in free download con un forum dedicato aperto sulla homepage. Nella stessa stanza lavoravano quindi una buona manciata di writer, che a loro modo trasferivano le loro esperienze di gusto e conoscenza in quel mondo creativo. Altri si occupavano credo di programmazione, me li descrivevano tutti come dei mezzi geni; di certo so che mettere tutte queste persone in una stessa stanza creava un clima cameratesco in cui stare seri, zitti e concentrati per più di un minuto era praticamente impossibile. Quelli che mettevano le cuffie per isolarsi subivano prese per il culo a loro insaputa…


Quello che dicevo, invece: è impressionante constatare come tutte queste persone abbiano poi seguito il loro talento come designer e imprenditori e artisti, eccellendo nei loro campi dando vita a progetti e collaborazioni fino a quel momento inimmaginabili.

Dopo la pubblicazione del post ci siamo visti con Marco Klefisch ed è emerso un altro pezzetto della storia di Working Class. Contributo stellare, che si intitola: Curvatura temporale tra web e writing ovvero “Vedrai quanto è profonda la buca” etc. etc.

Premessa
La cosa che ricordo con gioia di quegli anni di lavoro è la costante presenza delle risate. Ci fu un punto nel quale ogni volta che la mia compagna mi chiamava al telefono, mi sorprendeva a ridere. Morire dal ridere.

Al quel tempo fui assunto come art director in WC. Poi arrivarono un manipolo di amici, talenti, giovani virtuosi, tra stage e lavoro, a rimpolpare le fila di un team unico, improbabile e scoppiettante. In questo clima, tra goliardia e psicoterapia, va ricordato un momento che racchiude in sé l’essenza stessa dell’agenzia, l’approccio al business, l’energia, la fluttuante visione di un futuro migliore.

A colloquio con uno stimato art director ex writer con estesa esperienza Londinese, venuto a trovarci in vista di una collaborazione, il tono generale fu compassato e professionale tra scambi di reference, progetti sviluppati e vita mondana da scrivania.
Nel momento di spostarci dalla sala riunioni verso l’open space che ci ospitava tutti come team di sviluppo creativo, varcammo la soglia della stanza gesticolando e spiegando con serietà il valore del cuore pulsante dell’agenzia., il dipartimento creativo.
In quel secondo entrarono dalla porta, inconsapevoli del summit strategico, Miki editor video dell’agenzia e LS web designer e creativo di valore.

Scena
Miki inseguiva LS ridendo, zampettando e cercando di afferrare con mani avide qualcosa di prezioso avanti a sé. LS lo precedeva, scodinzolando e saltellando nel tentativo di mimare un coniglio vivace, con pantaloni e mutande calati sul retro, a far lampeggiare natiche bianchicce tra le quali era incastrato un vero pezzo di fumo (hashish).

A chiudere la coreografia che scompigliava la sala lasciando di stucco il nostro ospite anglo-pesarese, il ripetersi a gran voce di una frase, tra canto e recitazione, rimasta negli annali della cinematografia di genere nonché del web deesign: “segui il bianconiglio, segui il bianconiglio, segui il bianconiglio! Segui il bianconiglio per dio!”.
Ecco.


Conclusione
Difficile dire come il writing e il web si intrecciano in questo racconto… un sacco di input, un sacco di output… quel che so per certo è che se una cosa emerge chiara e lampante da questa storia è proprio la definizione di cosa sia il genio: “intuizione, colpo d’occhio, velocità di esecuzione.”

Firmato
Sasso Markoni

Categorie:Milano
  1. 26 marzo 2024 alle 5:28 PM

    ahhahaha!

    Grazie a Marco, Luca ed Alessandro per i ricordi che rimarranno indelebili. Back in the days ❤️

  2. Alfio
    9 Maggio 2024 alle 7:08 am
  3. Nicola
    13 Maggio 2024 alle 9:16 am

    A proposito di “frottolaio popolato da mitomani” e scazzi vari non bisogna dimenticare i forum dedicati ai graffiti. Uno dei principali era proprio collegato a Hotmc, se non erro, anche se non ricordo il nome e al suo interno era successo un casino abbastanza grande con la ex Hobby Color in seguito ex Montana Italia, poi rientrato.
    C’è stato quello collegato al sito fulleffect.it, considerato da sfigati da parte di qualcuno, soprattutto dopo che ha preso piede quello gestito da quelli che io chiamo i Berlusconi dei graffiti, con il solito inutile e pomposo termine anglofono, board, dove molti king o ritenuti tali o addirittura auto eletti come tali, imperversavano. Forum in cui al suo interno di scazzi ce n’erano parecchi, anche con gente che conoscevi di persona e con cui eri amico, visto che gli pseudonimi non avevano riferimenti alla vita reale o alle tag e con cui ci si chiariva sempre in privato. E ho un aneddoto abbastanza divertente o forse ridicolo guardandolo con gli occhi attuali, che mi fa sempre pensare a quei tempi.

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