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Archive for the ‘Buio dentro’ Category

Elektro e i tunnel della Metro

17 novembre 2020 Lascia un commento

Non sono riuscito a sapere la data precisa di questa pezza in banchina MM2, suppongo sia dei primissimi anni 90. La tag di Tawa vicino mi sembra quella che faceva intorno al 90-91 (con la gamba della T che si lega alla A a destra, periodo 16BC quindi, prima di 16K), per cui suppongo che.
(AGGIORNAMENTO: Pongo mi dice che c’era anche lui, ed era circa 92)
Pannellate sulle banchine della metro, negli anni 90, se ne sono viste molte. Tutte prodotte dai vari writers che sono scesi nei tunnel e nelle stazioni (e per i tunnel non mancate di leggere Buio Dentro!) nel giro dell’ultimo denennio del XX secolo, ma di Elektro è una rarità assoluta.
Ha iniziato con il B-Boying nei primi anni gloriosi del Muretto con il robot e, appunto, l’Elektro.
Come DJ, le sue cassette e compile hanno formato musicalmente una quantità di B-Boys tra gli anni 80 e 90. Molti dei primi a scendere a bombardare nei tunnel, nelle yard, o per strada, lo facevano con una delle sue cassette pompate nel walkman.
È stato uno dei pionieri nei tunnel e nelle banchine della subway milanese, ma  non essendo propriamente un writer, di solito scendeva in esplorazione o in supporto ad altri writers.
Con il pannello in foto siamo in Sant’Ambrogio, linea verde, pieno centro di Milano.
Ho recuperato una vecchia intervista di Marco Klefisch con Shad a Elektro, fatta in occasione della mostra MINAMEIS in Triennale del 2006.
Vi ripropongo un estratto, in cui parlano del periodo d’oro dei tunnel.

K. Hai scovato da solo il modo per introdurti in metropolitana? Come funzionava? In fondo, sei stato un po’ il pioniere.
E. Sì, io avevo scovato alcuni tombini che segnalavo ai writer. Prima passavo a dirlo al Muretto, perché solo quelli scendevano. Conoscevo, ad esempio, Tawa, Cano. La notizia la passavo a loro e poi la voce si diffondeva. Io ho sempre preferito andare sottoterra, il mio mondo è sempre stato là sotto. Sarà perché a me piace la solitudine e i tunnel della metropolitana erano gli unici posti dove potevo stare da solo. Conoscevo tutte le stazioni, conoscevo i passaggi per passare da una parte all’altra. Mi sono fatto una certa esperienza di quei posti. Poi accompagnavo anche i giovani a dipingere.

K. Quindi tu lo facevi a prescindere dal writing, lo facevi come esperienza di navigazione sotterranea?
E. Una specie di avventura. Passando da un tunnel all’altro, cominciavo a conoscere i rischi che i giovani non hanno mai scoperto. Per esempio, ho scoperto che nella Linea 1 bisognava stare attenti al binario in mezzo, che è pericoloso. Le linee 2 e 3 credo abbiano i cavi della corrente sopra.
S. Il primo a fare la 3 è stato Fluido, no?
E. No, io! L’ho fatta io con un altro mio amico, la prima volta. Abbiamo dipinto all’inaugurazione di Montenapoleone.
S. Allora pochissimi giorni dopo l’ha fatta Fluido in Centrale con Sky4.
E. Sì.
S. Io mi ricordo che a quei tempi, era il ’91, entravamo tutte le settimane e non riuscivamo quasi mai a finire i pezzi.

K. Questa cosa dei tunnel è interessante per capire che ci sono due tipi di approccio: quello del writing e il tuo, che è un approccio di tipo individuale. Hai incontrato altre persone che facevano questa cosa o eri l’unico? Oltre a voi, c’era altra gente che girava per la metropolitana?
E. Sì, abbiamo visto persone. Io, però, non sono mai entrato in contatto con loro. Li vedevo da lontano e prendevo un’altra direzione. Li lasciavo sempre stare. Si trattava comunque di gente povera. Mai trovato gente molto particolare, a parte gli operai della linea. Ogni tanto passava la famosa macchina gialla che controllava i binari, e c’imboscavamo, io soprattutto m’imboscavo sopra ai sistemi di aerazione: ci sono delle specie di botole e mi ci nascondevo sopra. Oppure usavo il trucco del telo: mettevo un telo sul muro.

K. L’ultima domanda è personale: perché ti piacevano i graffiti? Cosa pensavi del fatto che la gente uscisse di notte per farli? Cos’era che ti affascinava?
E. Il rischio. Non tanto l’atto vandalico, ma l’arte che ognuno esprimeva. Io, ad esempio, che ballavo il robot, avevo la dimensione del ballo, gli altri ne avevano un’altra, quella del disegno. Mi piaceva molto vedere questi grandi dipinti multicolori, allucinanti. Prima immaginavo come li facevano, poi io ho cominciato a farli, ma io a disegnare sono sempre stato negato. Sì, facevo delle scritte, ne ho fatte anche in metropolitana, però mi piaceva più seguire gli altri che disegnavano. Mi piaceva molto vedere gli altri disegnare.
K. Vedere anche l’arte del nome, dello scrivere, della calligrafia…
E. Da uno molto più bravo di me, molto più bello ecco. Ognuno ha un suo stile.

Per chi volesse ascoltare la colonna sonora del periodo, le famose cassette di Elektro, ecco qualche link.
Electro Boogie vol.1
Universal Space Robot
Disco 2000
Old School vol.1
Elektro presenta Cyrus
Elektro e Sean in Conchetta 1999
Bonus Elektro

(foto: TROMBA – approved by Elektro)

A Udine

2 giugno 2018 Lascia un commento

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Ho ritrovato qualche pagina del mio primo book. Questo è uno dei primi bombing credo 1989. Si entrava dal canalone di Cimiano e si risaliva il tunnel perché le stazioni al chiuso erano considerate più pregiate. Forse è proprio la volta che Fluido è entrato in bici, son tutti racconti riportati nel libro di Corrado appena uscito, Buio dentro. Quello sbrillone sulla tag era praticamente obbligatorio nel 1989 tra gli europeisti, penoso. Io per spaccare ci avevo aggiunto i grattacieli. Avevo le Casa Color Max Meyer del colorificio di Spyder, un lotto vintage: rosso di Cina un po’ acquoso e argentone ingestibile. Firmavo Children Invading The Yards, una crew vecchia di NYC in cui mi aveva messo Spyder, la storia è raccontata nel libro.

Categorie:Buio dentro, Milano

A Palestro

30 Maggio 2018 Lascia un commento

Palestro

Corrado miticamente ci invia questa storia inedita e bella. Grazie che ricordi.

Dopo la festa di lancio da Spectrum oggi “Buio Dentro” esce oggi ufficialmente nelle librerie cogliamo quindi l’occasione di postare in versione full color questa murata datata 1989-1990 nel tunnel di Palestro MM1. La cosa curiosa è che queste foto si sono ricongiunte per la prima volta in occasione del libro dopo quasi trent’anni: lo “Yo!” di Mad Bob ce lo ha donato Kayone che l’aveva raccolto nella lavorazione di Vecchia Scuola, non so però quale fosse la fonte, il pezzo di Lord ce lo ha dato Sky 4 mentre il pezzo Shad arriva proprio dal diretto interessato che mi ha spiegato come scattando al buio non si fosse accorto di non aver inquadrato nei due scatti il pezzo nella sua interezza. Ecco spiegato perché manca un pezzo alla “a”.

Eravamo scesi a Palestro che era una mia fissa, ci andavo ai giardini da bambinetto. Continuavamo ad andarci. Dopo quella eri in S. Babila e lì credo nessuno ci fosse mai andato, almeno in quegli anni. Lì avevo fatto la mia mitica S calligrafica che già in Bazzini aveva generato un discreto ludibrio di Bang e Asky nei miei confronti. Io convintissimo. A Palestro c’era un piccolo layup ma quella sera niente treno quindi tunnel, così rimane. Pezzate a colori sul muro grezzo, belli freschi. Poi lì c’era anche sta cosa assurda che ad aver avuto una torcia vi saprei dire meglio. Tra tombino e tunnel c’e sotto al Planetario circa, un piano intero senza dentro niente, una pavimentazione che poi si affaccia sul tunnel. Nei primi tempi dopo la fase serranda scale mobili, scendevo io dal tombino e risalivo in stazione per aprire a tutti da dentro con la chiave triangolare. E lì in sto piano fantasma c’ero rimasto mezz’ora tra macchine gialle e non capire dove cavolo fossi, con la paura di volare nel vuoto ad ogni passo.

 

 

Categorie:Buio dentro, Milano