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Trap Magazine – numero 1

Grazie a un lavoro pazzesco di Vandalo S13, vi presentiamo il primo numero di Trap datato 1992 (qui PDF a 150 DPI). Il progetto era di Fabrizio Solow/Mace e mio. Avevamo già pubblicato, sempre grazie a Vandalo, il numero successivo del 1993, quello e il terzo e ultimo li avevo fatti da solo. In tutto la tiratura mi sembra fosse arrivata al massimo a 350 copie in questo primo numero, forse il doppio nell’ultimo. Nel seguito una piccola conversazione tra Fabrizio e me con qualche aneddoto per contestualizzare quel momento. Trap non era stata la prima fanzine di writing: mi sembra ci fosse già in edicola Alleanza Latina e, a Milano, i TDK con Impatto Nitro ci avevano bruciato. In quel momento lo status symbol per un writer era prima di tutto fare la metro e poi avere una fanza. Quindi grazie a Vandalo e buona lettura con i nostri mega ricordoni anni 90!!!

C’era stata una discussione sulla copertina, ma come mai volevi Sharp, eravate già amici?

IZIO Sì più o meno in quel periodo era stato a Treviso, me lo aveva mandato Fly, erano molto amici in quel periodo. Poi era stato da me anche a Marsiglia, quando ero lì per l’Erasmus.

Il logo di Bodé lo avevamo poi usato anche per le magliette: con Rusty e Jurate facevamo il marchio Heart Quake e si stampava. Io avevo recuperato le ristampe di molte sue cose ad Amsterdam nel 1989, c’era un negozietto storico di fumetti. La prima volta che ci ero stato avevano un’esposizione con le giacche di jeans dipinte dalla vecchia scuola di Amsterdam, un flash totale per me che ero cultore di quello stile CIA e poi CTK.

Il mega collage delle pagine interne di copertina poi era diventato un must di tutte le fanze, qualcosa abbiamo pubblicato anche qui. A volte si faceva un solo collage su A4 da stampare a colori, l’unica pagina a colori della fanzine. Questo era bello politico, molto figo e punk.

HAD Anche l’editoriale era super politico: l’anno prima c’era stata la rivolta per Rodney King a LA. La ShaKe stava iniziando a pubblicare i libri di politica dei neri americani, il primo era stato Malcolm X. Ci avevano influenzato profondamente qui a Milano. Io ero stato a San Francisco con la mia fidanzata, a Berkeley ero rimasto sotto dalla quantità di librerie dell’usato nella zona universitaria e mi ero portato indietro 20 kg di libri di black studies. La foto dei riot di Watts del 1965 arrivava da lì. L’altra di Huey P Newton arrivava dal suo libro bellissimo Revolutionary Suicide, lo avevano in originale alla biblioteca Sormani qui a Milano.

IZIO Io avevo ricevuto da mio padre l’autobiografia di Malcolm X, era uno dei classici della sua epoca. Da lì ero entrato in contatto con un professore di storia americana a Venezia. Lui mi aveva reindirizzato su di una ricercatrice trevigiana: andavo da lei a casa e mi spiegava molte cose. Aveva per esempio gli originali del giornale delle Pantere, molto materiale incredibile per me all’epoca. Avevo dipinto un pezzo dedicato a loro. Diciamo che in quel periodo tutto questo ritorno del black power era assolutamente attuale, vedi per esempio l’estetica dei Public Enemy con la loro Security of the 1st World, modellata proprio sulle Pantere. Molti gruppi rap stavano riscoprendo un approccio politico. Anche qui in Italia c’era stato nel 1990 il movimento universitario della Pantera, non so come ma aveva come simbolo proprio la pantera dei Black Panthers. Tutto sembrava combaciare.

HAD Lo speciale di Phase era incredibile. Io ero in contatto con Henry Chalfant, mi mandava le foto ed ero stato da lui in studio sempre in quel viaggio del 1990. Mi aveva indirizzato su Phase per la loro fanzine IGT, era l’unica maniera per avere materiale fresco. C’erano poche zine in quel momento, una importante era a LA e in Europa avevamo 14K in Svizzera e Bomber Magazine in Olanda, poi On the run a Monaco. Phase era già stato in Italia a lungo con il giro delle gallerie, al Muretto aveva tirato su una scuola. La sua lettera la abbiamo tradotta anche qui sul weblog. Il materiale iconografico arrivava sempre dalle mie ricerche in biblioteca, non era difficile risalire ai vari libri e articoli. Ero stato alla biblioteca in centro a NY, fotocopie su fotocopie. La foto di Phase è alla 106esima, potentissima, lui proprio nero del Bronx. Mi mandava chili di lettere piene di outline e racconti.

Il racconto di Chester Himes arrivava sempre dai miei 20 kg di libri. Lui era riemerso perché quell’anno era uscito un film con la moglie di Mike Tyson tratto da uno dei suoi gialli del ghetto. ne aveva parlato Alias, il supplemento culturale de Il Manifesto. Era l’unica fonte per seguire un po’ l’attualità black, lo leggevano sia in famiglia da Izio sia a casa della mia fidanzata che erano del vecchio movimento, molto politicizzati. Il papà mi aveva regalato vinile assurdo, gli MC5 e i canti di protesta con le registrazioni delle manifestazioni, più uno scaffale di volumi introvabili indipendenti degli anni ’70 sul movimento del black power. Chester Himes era un esule come tanti di loro: pubblicava a Parigi dove era scappato dal razzismo, un po’ poi come Jon One e Sharp. Era stato in carcere come ladro di gioielli, l’ambientazione del racconto è molto claustrofobica.

IZIO Bel pezzo. Anche la presenza della figura femminile era straordinariamente in anticipo sui tempi. Vedi il movimento Black lives matter di oggi che ha ritrovato un ruolo centrale per le donne, in sintonia con la nuova onda femminista e gender di oggi. La cultura afroamericana aveva due aspetti molto radicali e complementari, da un alto il grande machismo che si viveva nel rap, dall’altro una profonda struttura matriarcale dovuta anche al sistema di sussidi di stato.

Poi c’era lo speciale TAT. Calcola che in quel periodo pochissimi avevano materiale fresco. Qui comparivano due generazioni diverse della 106 esima recente, più altre più vecchie. I PWD erano stati a più riprese, sia Sky4 con Spyder sia Solow con Madbob, poi anche io. Alcune foto come quelle di Vulcan sono molto rare ancora oggi: tra Chalfant e Phase avevamo buon materiale. In queso servizio poi c’era il collegamento interessante tra TAT, con TKid, e scena europea, nel pezzo fatto a Londra da lui con i Chrome Angelz. Anche a Milano per dire, Sean aveva vissuto in prima persona la scena londinese old school di Covent Garden. Direi 1985.

Poi c’era uno passaggio di storia del writing, mi ricordo che a tradurlo non finiva più, lunghissimo. Tutti avevamo i libri di Chalfant, a Milano si trovavano facilmente, ma lì era rappresentata solo la scena da fine anni ’70 in avanti. Lui, Prigoff e Martha Cooper non scattavano moltissimo prima dell’epoca dei grandi whole car illustrati. Qui volevamo andare indietro, fino a Julio, Taki, Stay High, le origini prima ancora dei softies di Phase.

I PWD e qualcuno dei miei rappresentavano poi la scena del bombing. Per questo avevamo deciso che le uniche cose italiane fossero illegali. Anche come approccio stilistico: cose improvvisate, fatte al buio, immediate.

IZIO In quel momento in Italia si dipingeva più che altro in hall of fame. A volte con livelli artistici molto alti per quegli anni. Il rischio era di diventare aerografisti, di perdere del tutto il senso di ribellione che per noi PWD era centrale. La situazione era molto radicale, c’era uno scarto pazzesco: non ci si rispettava molto tra bomber e pittori di hall of fame. In metro a Milano c’era stato l’episodio dei colpi sparati ad altezza d’uomo. I vagoni non giravano quasi. Pubblicare per 300-400 persone tutto quel materiale e farlo girare in Italia era dirompente. C’era molta omologazione sugli stili: oggi faccio fatica a rientrare nelle categorie mentali dell’epoca, era tutto molto rigido. Il nostro era un tentativo di tornare alle origini, facevamo molta ricerca in questo senso. Se un merito possiamo darcelo con Trap, abbiamo ridato una dignità al writing più vero, abbiamo connesso e riscoperto molti fili del tessuto.

Tieni conto che non c’era Internet, c’erano pochi contatti in generale. La fanzine era stata impaginata alla vecchia maniera, con il taglierino e la colla. Il Mac Classic di tua sorella non poteva caricare gli impaginati con le scansioni delle foto. Bisognava calcolare un po’ a occhio gli ingombri dei testi e stamparli con quella spaziatura per poi incollarli nei menabò. Le foto a loro volta erano quasi sempre fotocopie a colori, si ridimensionavano così. Mi ricordo tua sorella inorridita: frequentava una scuola di grafica seria, era anche avanti con i tempi, noi eravamo ignorantissimi ma con il fuoco sacro.

Vandalo aggiungerà qualche nuovo post con altri suoi racconti dal punto di vista di un punk (c’è un sacco di roba anche mixtape qui su Pezzate che esplora il binomio punk/hiphop), per questa puntata dice che passa la palla:

Volevo aggiungere qualche cosa a dialogo che hai fatto con Fabrizio, ma mi sono reso conto che non centrava un cazzo ed era meglio solo quello che dicevate voi.
Io ero un lettore e nemmeno dentro a molte delle cose che scrivevate su Trap, quindi niente.
M’infottava la cosa che scriveva Fabrizio su black panther, ecc, dato che negli anni tra 88 e 92 quelle robe giravano molto nei c.s., sopratutto nel giro di quelli che frequentavano la statale o scienze politiche. in quegli anni avevo preso diversi libri sul tema Malcolm X e Black Panthers, quelli usciti per Einaudi, poi il giro di Decoder/Shake/etc spingevano molto su quelle cose, oltre che sul cyberpunk.
Mi ricordo che guardavo le foto della metro milanese su trap e pensavo a quando Gomma insisteva perché andassi con lui e mi aggregassi a voi per scendere, ma era il periodo in cu Fly e il giro del muretto sparavano a zero sulle posse e sui c.s., per cui rispondevo “stasera non posso, suona (gruppo scrauso a caso) al centro sociale salcazzo, non posso mancare”, ma in realtà ero preso male dalle discussioni con Fly e Spyd su chi avesse “diritto” o meno a scrivere sui muri.
Oh, beh, questo giusto per.

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  1. 27 marzo 2021 alle 11:01 am

    Grande “Trap”!!!!
    Una splendida fanzine!
    Onore e massimo rispetto per tutti i loro autori.

    Complimenti
    Tommaso Tozzi

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