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Il malandrino e la tarantola

Da tanti anni cercavo di fare la storia di questo pezzo del 1992 e finalmente Marchino ieri me la ha raccontata, perché tra poco c’è il compleanno di Chiovo e Claus, che quest’anno è un ricordo speciale. Le foto sono da Fan page di Militant P. Grazie a tutti!

Per dare un significato alla foto, dobbiamo un po’ un po parlare di come come eravamo arrivati in Salento, nei primi anni 90. Dalla seconda metà degli anni 80 avevano preso piede una serie di situazioni musicali, culturali e politiche che venivano chiamate Posse. Questo fenomeno aveva un po’ sfondato l’egemonia dei concerti punk di quegli anni: negli spazi occupati era iniziato tutto con il reggae. I Sud Sound System avevano girato parecchio l’Italia dei centri sociali di quegli anni, avevano portato il reggae e raggamuffin sui palchi di Milano, di Roma, di Bologna e di Torino, di tante altre città. A Milano, questa scena reggae era stata portata avanti dalla saletta di Vito War al Leoncavallo, dove aveva fondato in sordina Lion Horse Posse. Nel periodo dello sgombero del Leoncavallo, si era riunita una varietà di persone diverse, con l’idea di dipingere insieme. Avevamo seguito le tracce punk lasciate da ATM, Swarz, Shah, un po’ i conchettari come Roberto e Maox. C’erano in qualche modo anche i primi writers conosciuti a Milano, che per noi erano Flycat, Spyder, Mad Bob. E poi dentro questa storia si erano inseriti anche i CKC, che però erano molto più giovani di noi. A Bologna, c’era l’Isola Posse All Star e con loro diversi universitari leccesi che si erano trasferiti lì. A Roma c’era Onda Rossa Posse, nata nei centri sociali e molto vicina a Radio Onda Rossa. Da questa commistione nazionale intorno al writing, che ai tempi chiamavamo graffitismo perché venivamo da una storia un po’ diversa da quella dell’hip hop classico, piano piano prende corpo una scena nazionale legata ai centri sociali. Era il periodo del movimento della Pantera, c’erano occupazioni un po’ in tutta Italia.

E quindi come arriviamo alla Mantagnata? I Sud Sound System, a un certo punto, vogliono anche loro trovarsi degli spazi autogestiti. E quindi tirano in mezzo gli Onda Rossa e i bolognesi. Principalmente credo loro. I romani erano una posse molto aggressiva, molto dentro i movimenti, anche più strutturata. Quindi decidono di occupare questa masseria, chiamata la Mantagnata: per il periodo estivo, iniziano a organizzarci le dance hall, attività di tipo artistico e culturale. Invitano gente da tutta Italia. Noi da Milano, veniamo guidati dal nostro leader spirituale Bacchettone che già aveva condotto diverse spedizioni in Salento, spedizioni molto selvagge in pezzi di terra del suo tale amico dietro la spiaggia, accampati lì col fuoco. Un po’ si andava a casa del Bak a mangiare da mamma e papà, che erano personaggi straordinari, tagliati nel legno e nella pietra salentina. Lui conosceva tutti quanti in Salento. Sicuramente c’eravamo io, Klaus, Bacchettone, poi c’era Claudia e credo il Chiovo, ah, c’era la Valeria. E poi non mi ricordo, Papero e Doc non credo che ci fossero quell’anno. Prendiamo il treno, credo a sbafo e, non so come, arriviamo in questa masseria sperduta, in un luogo imprecisato tra Lecce e Torre dell’Orso. E quindi abbiamo la nostra stanzetta diroccata, dove buttiamo giù i sacchi a pelo.

Adesso non mi ricordo esattamente la successione precisa degli avvenimenti, ma arriviamo che la masseria è già occupata. Dice la leggenda che praticamente i romani e i salentini occupano la masseria e il mattino dopo arrivano quattro o cinque macchine. Entrano nella masseria e, senza profferire parola, recuperano non meglio precisate cose in varie parti della tenuta. Poi se ne vanno. Subito dopo, arriva il proprietario, che inizia a inveire e minacciare in dialetto gli astanti dicendo di andarsene, che quella è roba sua e via dicendo. Il proprietario viene mandato a cagare e se ne va con la coda tra le gambe. In rapida successione, torna con le forze dell’ordine: gli occupanti decidono di rimanere. La cosa poi va un gran bene, dance hall tutte le sere, si va al mare tardissimo con i postumi della sera prima. Poi si torna, si fa il fuoco e si mangia quattro cose. Si ricomincia a far festa, si fa della gran pasticceria: space cake come se piovesse, tutto il campeggio andato a male, scene che hanno più della mitologia che della realtà. Ricordi abbastanza confusi.

Perché la tarantola? C’eravamo anche un po’ annoiati di questo loop tra mare e dance hall. Io e Claus c’eravamo portati le bombolette, ma non sapevamo bene dove dipingere: cespugli ovunque, il primo muro urbano è tipo a dieci chilometri, da fare a piedi. Con il rischio di prendere anche una manica di calci in culo dai salentini, che della cultura del writing al momento non sapevano proprio una mazza. Sui muri della masseria non si può dipingere: è una costruzione già bella di per sé, antica. Quindi individuiamo una specie di torretta all’ingresso della masseria, costruzione molto più recente ma diroccata. Dentro non ci dormiva nessuno di noi, anche perché era distaccata dal corpo della masseria, era tipo una guardiola tutta diroccata. La porta era aperta, quindi si vedeva dentro, era anche affascinante come come posto. Insomma dipingiamo uno dei puppet classici di Claus, che erano un po’ dei suoi autoritratti. Il puppet, con la pistola in mano, si difende da un’enorme tarantola che scende dalla ragnatela. Io credo che fosse un po’ la storia di quello che era successo dentro la masseria: le minacce esterne, anche un po’ malandrine, poi questo questo animale mitico. La tarantola stava a significare un po’ la forza della natura e un po’ un sentimento di rivalsa, una sensazione di forza che avevamo in quegli anni dove si occupavano i posti, si faceva musica dove volevamo e come volevamo. Ci difendevamo, anche se a zampe nude come la tarantola. Poi invece, dall’altra parte, c’era il malandrino con la pistola, che però era più sulla difensiva, le buscava dalla tarantola che scendeva dalla sua ragnatela bella grossa. La tarantola era un personaggio della masseria, era di famiglia diciamo, te la ritrovavi per dire anche nel sacco a pelo o quando ballavamo e faceva scappare tutti. C’erano esemplari anche grandi un palmo: vai a capire, anche se innocuo, se la davano a gambe tutti.

A fare il pezzo ci mettiamo ovviamente una vita, tra space cake, birre e calura de lu Salentu. Finito il pezzo, si è fatta sera e arriva il Bak che torna dal mare con un sacco di turcinieddi e una tanica di vino. Passa davanti alla torretta, guarda dentro “Ehi cugghiuni, che state combinando?”. “Niente, abbiamo fatto il graffito. Ti piace Bak?”, “Certo, io amo tutte le forme di espressione artistica. Però adesso non è che posso fare tutto io qua, andarvi a comprare la carne, la pago io, porto le tanniche di vino. Adesso alzate il culo e mi fate il piacere di raccogliere un po’ di legna e di fare la brace, perché poi mi viene fame e divento nervoso.”

Categorie:Salento
  1. 22 febbraio 2024 alle 9:56 am

    Che bei ricordi!
    A Firenze nella seconda metà degli anni Ottanta aveva iniziato a fare raggamuffin “Il Generale” (alias Stefano Bettini, in origine cantante del primo gruppo punk fiorentino, gli I Refuse It), insieme a “Ludus Pinski” e altri.
    Il loro primo disco 45 giri (credo uno dei primi in Italia di tale genere) era stato
    Non è un miraggio! Roberto Baggio
    https://www.discogs.com/it/release/3315904-Il-Generale-Ludus-Pinski-Non-%C3%88-Un-Miraggio-Roberto-Baggio
    per la Wide Records di Pisa.
    Il brano sul retro era
    San Marco Skankin’
    di cui si può ora ascoltare la musica su You tube

    (sebbene erroneamente abbinata alla copertina di un altro disco di “Il Generale”: Stupefacente).
    Quel brano musicale, San Marco Skankin’, se lo ascoltate, sentirete che parla di alcune vicende di una serie soggetti, un “gruppo” (non chiamiamola una “gang”) di persone che dagli anni Settanta agli anni Ottanta avevano utilizzato Piazza San Marco a Firenze come luogo di ritrovo quotidiano dove incontrarsi (per sfuggire alla “zica”…), sotto al loggiato dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.
    Di quel gruppo facevo parte anch’io.

    Se guardate il retro copertina del suddetto disco
    Non è un miraggio! Roberto Baggio
    nella foto rappresentata nella sua immagine
    https://www.discogs.com/it/release/3315904-Il-Generale-Ludus-Pinski-Non-%C3%88-Un-Miraggio-Roberto-Baggio/image/SW1hZ2U6NzA5MjQ2Nw==
    vi trovate quattro persone che facevano parte di quel gruppo di persone.
    Il secondo da sinistra, quello che salta in alto è Stefano (“Il Generale”), il terzo da sinistra sono io.
    Tutte e quattro le persone (come diverse altre di quel gruppo degli anni Settanta) partecipavano alle incursioni notturne per fare graffiti nelle strade fiorentine nella metà degli anni Ottanta, in occasione delle incursioni urbane organizzate dalla fanzine “Bambina Precoce” che organizzavo.
    Alcuni di quel gruppo di “Bambina Precoce” (tra cui anch’io) sono quelli di cui vedete il volto nella foto che era stata pubblicata su un numero di “International Graffiti Times” del 1985
    https://www.tommasotozzi.it/index.php?title=Immagini_1985_Graffiti_00001
    il cui originale lo trovate a quest’altro link
    https://www.tommasotozzi.it/index.php?title=Bambina_Precoce_numero_8_-_Sito_40

    Auguri per le vostre belle ricerche!
    Tommaso Tozzi

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